Un Vitigno Misterioso
Oggi vi parlo di un vitigno che mi ha sempre incuriosito per l’alone di mistero che lo avvolge. Pensate che la storia di questo vitigno è molto antica da una parte e molto recente dall’altra. Infatti anche se le sue origini sono molto remote, solo nel 2002 è stato inserito come vitigno autoctono nel Registro Nazionale. Si tratta del “Casavecchia di Pontelatone”. Non ci sono documenti storici e testimonianze in merito, anche se, di questa zona già ne parlava Plinio nel capitolo XV del suo Naturalis Historia, quando decantava l’alta qualità del vino “Trebolanum”.
È probabile che la pianta si sia originata da seme, ottenuto nella zona di Treglia di Pontelatone, nei pressi dell’antico rudere del quale esistono ancora oggi i muri perimetrali e dal quale deriva il toponimo Casavecchia.
Infatti, secondo il detto popolare fu un contadino , nato a Pontelatone nel 1875, a rinvenire verso la fine del XIX secolo, nei pressi del rudere di sua proprietà, la prima vite di Casavecchia. Egli stesso iniziò a riprodurla per propaggine e da qui si diffuse nei vicini comuni di Castel di Sasso, Formicola e Liberi. Sembra che la gente del posto iniziò a dire in gergo dialettale “l’uva e chella casa vecchia” da cui derivò il toponimo Casavecchia.
Il Casavecchia, è quindi un vitigno di cui fino a pochi anni or sono non si era certi fosse autoctono, ma il cui vino già rientrava sotto l’indicazione geografica tipica IGT “Terre del Volturno”, tuttavia le prove sostenute in cinque anni di intense ricerche hanno dimostrato che si tratta di un vitigno autoctono. La zona di origine delle uve idonee a produrre il vino DOC “Casavecchia di Pontelatone” comprende l’intero territorio amministrativo del comune di Liberi e Formicola e parte dei comuni di Pontelatone, Caiazzo, Castel di Sasso, Castel Campagnano, Piana di Monte Verna e Ruviano, tutti in provincia di Caserta.
Le aziende vinicole: Vigne Chigi, Terre del Principe, Vestini Campagnano e Fattoria Alois producono il Casavecchia doc con eccezionali risultati, ma alle pendici dei Monti Caiatini, in uno splendido altopiano che si estende su una superficie di 9 ettari, Michele Alois ha realizzato il suo sogno: il vigneto, la cantina ed una casa rurale borbonica dei primi dell’ Ottocento. La famiglia Alois, di antica origine capuana, si è trasferita a Caserta nella seconda metà del XV secolo, e vanta un’ antichissima produzione vinicola.
Producono un vino di ottima fattura quale il Trebulanum, prodotto con uve casavacchia in purezza 100%. La fermentazione Alcolica avviene in acciaio con macerazione sulle bucce per 20 gg. con numerosi rimontaggi, poi la fermentazione malolattica viene svolta totalmente in tini di legno italiano da 80hl per 18 mesi, ed infine si fa fare un’ invecchiamento in tini di legno italiano per 12 mesi, per concludere con un’ affinamento in bottiglia per 6 mesi.
Tutto questo lavoro produce un vino con un titolo alcolimetrico di 13 % di un colore rosso rubino più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento;con un odore intenso, persistente, caratteristico;dal sapore secco, sapido, giustamente tannico, morbido e di corpo. Al naso esplode con sentori di sottobosco, prugna, ciliegia, erba e spezie. Sempre rammentando le tre T “Tipicità, Tradizione e Territorio” si accosta bene a tutti gli arrosti, alla carne alla griglia, alla selvaggina, al cinghiale ,all’agnello.
Ma le caratteristiche di questo vino si sposano soprattutto con piatti succulenti, ad esempio la costata di maialino nero casertano alla brace,anche se non disdegnano neanche l’abbinamento al ragù napoletano oppure con gli stracotti. Eccellente su tutti i formaggi stagionati dell’Appennino meridionale.
Non dimenticate che “Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia, un buon libro, un buon amico”.
Rubrica a cura Dott. Giovanni de Silva.
Fondazione Italiana Sommelier – Sezione Campania